Bussenghi è cultura? Certo

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Bussenghi è cultura? Certo

Bussenghi è cultura? Certo

 

Di Corrado Mordasini – 01 Gennaio 2022

Complice la quarantena a cui sono costretto dal covid, unico vantaggio un’immunità annuale, mi sono messo a guardare il palinsesto RSI per capodanno. L’alternativa è cedere a quell’oppiaceo istituzionalizzato che è Netflix, che ha ottuso la mia mente in questi ultimi giorni rendendomi simile a un vegetale.

Ieri, il 31 sera, abbiamo visto la commedia dialettale “se la va la gha i röd” il primo dell’anno vedremo “Un altro bel garbüi”. Entrambe frutto dei fertili lombi della compagnia di Flavio Sala. Conosciuto dai più come Roberto Bussenghi, il frontaliere di Usmate Carate, Bussenghi, alter ego ormai indissolubile di Sala, è assurto nell’olimpo dei personaggi cantonticinesi al pari del Gatto Arturo, di Mascia Cantoni o di Bigio Biaggi.

Non ridete, non sto scherzando. Catalizzare l’affetto di un cantone litigioso, sempre pronto alla polemica gratuita e a tagliare i panni di dosso a tutti non è impresa facile.

Pochi sono i personaggi che, nel corso dei decenni, hanno meritato di finire nel dorato pantheon dei ricordi dei ticinesi, imperiture figure preposte al ricordo, alla nostalgia, alla malinconia del tempo che fu.

Eh certo perché anche i più duri sospirano quando si accenna a Sergio Filippini, Mariuccia Medici o Quirino Rossi. Custodi di un Valhalla tutto ticinese, dove come in un’imperituro ciclo cosmico, certe commedie sono andate in replica per decenni, calcificando così una memoria dialettale che ha travalicato le regioni.

Ecco perché la sfida di Flavio Sala e di Rosy Nervi, voce di rete tre e comprimaria del Sala in queste due commedie è improba. I nostri, seppur conosciuti, devono sfidare come in un moderno Ragnarok, i giganti di un tempo, in una sfida che non lascerà morti sul campo ma che sancirà, una volta per tutte, di chi è l’eredità di coloro che ormai sono scolpiti negli insubri degli abitanti del nostro cantone.

E io, che non sono un grande fan delle commedie dialettali, mi ritrovo a fare i conti con me stesso e con la mia cultura, sì, di nuovo non ridete, perché la commedia dialettale è a tutti gli effetti un’espressione della cultura popolare della nostra terra. Una cultura umile e da cortile, ma per questo da amare con tutti sé stessi, che gente come Sala e Nervi cercano di attualizzare e rinnovare. Una coppia che forse meriterebbe di più, ricordiamo a tal proposito anche la bella idea di “Una notte al museo”, quando Rosy e Flavio (il fantasma Gottardo) gironzolarono nottetempo per i nostri musei, troppo spesso negletti dalla massa popolare. (guarda qui sotto).

https://www.rsi.ch/play/tv/programma/notte-al-museo?id=14062654

Questa ultima trasmissione, in fondo, è inconsapevole metafora della cultura che cerca di entrare nelle case della gente. Perché la cultura d’élite, è solo un chiacchiericcio tra snob, convinti di essere gli unici depositari di quelle che una volta erano impronte di mani spruzzate di vernice sulle pareti di una caverna, perché è così che nasce la cultura, l’espressione, il tramandare ricordi, gioie, dolori, nella narrazione comica o epica di fatti di tutti i giorni.

La commedia dialettale di oggi, è solo un commovente tentativo di ripetere quell’operazione, quando la tribù era raccolta intorno al fuoco e lo sciamano dipingeva figure familiari e magiche sulla parete. Perché oggi in Ticino, ci sono poche cose che raccolgono il testimone di una cultura come la tradizione della commedia dialettale. Anzi, invitiamo Sala e Nervi a fare di più, magari a raccontare il passato con una chiave moderna, magari a entrare nelle scuole, avendo l’umiltà di non far rimanere questa cultura appannaggio solo dei dialettofoni ma aprendola anche agli altri. Una sfida da far tremare le vene nei polsi forse, ma tanto incredibile come avventura.

Non chiedo nulla alla RSI. Già troppe sono le petizioni, le lagne e i commenti che si sprecano anche sul dress code delle presentatrici della meteo. Io la RSI la prendo in blocco, come una zia che magari a volte e buona e gentile, a volte fa girare l e scatole, ma non per questo le vuoi meno bene. Penso però che un occhio di riguardo in più, non tanto al dialetto, ma quanto a una cultura capace di veicolare alle masse popolari la nostra terra ci debba essere, con coraggio, intraprendenza, voglia di rinnovare. E penso che ci siano protagonisti, come Sala e Nervi ad esempio, che possano tradurre con entusiasmo e fantasia, questo concetto di legame “nostrano”, che trascende la politica e i regionalismi.

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